Rischio anestesiologico

La corretta gestione anestesiologica di un paziente affetto da patologia ostruttiva delle vie aeree (asma, bpco) deve tenere conto di alcuni concetti generali:

1) le complicanze perioperatorie più frequenti sono quelle a carico del sistema respiratorio e cardiocircolatorio: i due sistemi sono fra loro strettamente correlati sia per la presenza di patologie concomitanti, sia per l’interazione delle problematiche fisiopatologiche che si incontrano tanto nel respiro spontaneo quanto durante il supporto ventilatorio

2) il concetto di “rischio” implica la probabilità, statisticamente significativa, che un evento avverso si verifichi, indipendentemente da ciò che accade durante l’intervento; pertanto se un paziente viene giudicato “a rischio” prima dell’intervento, lo sarà a maggior ragione dopo che è stato sottoposto allo stress chirurgico e all’anestesia;  la strategia del monitoraggio post-operatorio non va quindi modificata in base al comportamento intraoperatorio (la Capacità Residua Funzionale e la Capacità Vitale vengono ridotte dall’anestesia aumentando il rischio di chiusura delle vie aeree); il rischio operatorio ed anestesiologico si integrano e la valutazione finale spetta esclusivamente all’anestesista che più di ogni altro deve conoscere l’impatto fisiopatologico che si determina sul paziente

3) l’anestesista deve poter valutare le riserve funzionali del paziente, sia cardiocircolatorie che respiratorie, ed in questo senso deve muovere tutta la diagnostica preoperatoria con motivazioni specifiche (in altri termini, se anche lo specialista pneumologo o cardiologo non ritenesse necessario compiere determinate indagini sulla base del quadro clinico “di presunto compenso” del paziente, l’anestesista deve sempre avere un’idea di quelle che sono le sue reali possibilità di compenso, motivando e richiedendo una diagnostica più approfondita; il riferimento specifico è all’EGA, all’ecocardio ed alle prove spirometriche ammesso che la tipologia dell’intervento lo consenta, non deve essere scontato che optare per l’anestesia loco regionale, mantenendo il paziente in respiro spontaneo, sia sempre la cosa migliore

4)  l’intervento in laparoscopia non è sempre esente da rischi: il pneumoperitoneo provoca ripercussioni emodinamiche e ventilatorie negative (diminuzione dell’indice cardiaco e del ritorno venoso, sopraelevazione del diaframma ecc.) che possono essere particolarmente pericolose nei pazienti ad alto rischio ischemico

5) la ventilazione intraoperatoria deve avvenire secondo le regole dell’ipercapnia permissiva, impostando il ventilatore in modo da non provocare uno stato di iperinflazione dinamica

6) la ventilazione intraoperatoria deve avvenire secondo le regole dell’ipercapnia permissiva, impostando il ventilatore in modo da non provocare uno stato di iperinflazione dinamica

7) stabilito l’alto rischio e la necessità di un monitoraggio intensivo post-operatorio, il paziente non va estubato al termine dell’intervento, ma va trasferito in terapia intensiva con una minima coda di curarizzazione ed il più basso supporto ventilatorio possibile, in modo da accelerare la ripresa del respiro spontaneo