Tossicità da amiodarone

Uno dei farmaci più frequentemente in causa nelle pneumopatie iatrogene è l’amiodarone. Trattasi di sostanza altamente lipofila con una lunga emivita di eliminazione (ampiamente variabile tra individuo ed individuo); tali caratteristiche sono responsabili dell’accumulo in diversi tessuti dell’organismo (fegato, tiroide, polmone, tessuto adiposo, cute, ecc.), con possibili secondari effetti tossici collaterali. Le lesioni più frequenti sono rappresentate da: macrofagi alveolari schiumosi con accumulo di fosfolididi per inibizione della fosfolipasi A1 lisosomiale, pneumociti di tipo II con inclusioni lamellari per aumentata produzione del surfattante polmonare, aumento del contenuto in lipofucsine tipico del danno da radicale superossido. Il meccanismo patogenetico più probabile sembra essere l’effetto tossico diretto del farmaco legato ad un alterato turnover dei fosfolipidi intracellulari. Il “primum movens” potrebbe essere l’adesione dell’amiodarone su alcuni fosfolipidi della membrana lisosomiale con secondario accumulo del farmaco in tale sede. A questo accumulo può far seguito l’infiltrazione di polimorfonucleati e linfociti, responsabile dello sviluppo di una polmonite interstiziale. L’effetto tossico da amiodarone si sviluppa più frequentemente con dosaggi giornalieri superiori ai 400 mg. Il coinvolgimento polmonare può comprendere: polmonite interstiziale cronica con o senza fibrosi, bronchiolite obliterante con o senza organizzazione (BOOP), sindrome da distress respiratorio (ARDS).Una riduzione isolata della capacità di diffusione del monossido di carboni o (DLCO), spia di una lieve compromissione polmonare, è in realtà presente nella maggior parte dei pazienti in terapia cronica con amiodarone e non deve essere considerato segno di tossicità ma di semplice esposizione al farmaco, attribuibile all’aumento del contenuto polmonare in fosfolipidi e del surfattante polmonare. Nello studio Congestive Hearth Failure-Survival Trial of Antiarhythmic Therapy la DLCO è risultata diminuita, dopo 1 anno di trattamento con amiodarone, del 6% rispetto al valore medio basale in tutti i p azienti (versus nessuna variazione nei pazienti trattati con placebo, p = 0.02). Nel sottogruppo dei pazienti con broncopneumopatia cronica ostruttiva la DLCO era invece ridotta dell’11,4% (versus nessunavariazione nei pazienti trattati con placebo, p = 0.008), dimostrando che la tossicità intrinseca del farmaco aumenta nel caso il parenchima polmonare sia già danneggiato da patologie preesistenti. Il tempo di latenza per la comparsa di tossicità polmonare è variabile; da pochi giorni ad oltre una decade, in genere da pochi mesi ad un anno. In rari casi può svilupparsi da poche settimane a mesi dopo la sospensione della terapia. Non avendo caratteristiche cliniche ed istologiche proprie, la diagnosi di pneumopatia da amiodarone è solo di esclusione. Il quadro clinico nei due terzi dei casi è quello di una pneumopatia interstiziale con esordio insidioso e caratterizzato da tosse non produttiva, dispnea, calo ponderale e, solo occasionalmente, febbre e/o pleurodinia. Nel restante terzo dei casi l’insorgenza è acuta con febbre ed evoluzione rapidamente ingravescente, simile a quello di una polmonite acuta. Le indagini di funzionalità respiratoria evidenziano una riduzione della Capacità Polmonare Totale (CPT) e della capacità di diffusione del CO (> 20% rispetto al valore basale). La determinazione basale della capacità di diffusione del CO andrebbe eseguita sempre prima dell’inizio della terapia con amiodarone (soprattutto in pazienti con patologia polmonare preesistente) per permettere eventuali valutazioni comparative Una riduzione fino al 15-20% della DLCO in paziente asintomatico non è di per sé predittiva di successivo sviluppo di tossicità polmonare da amiodarone, ma può essere attribuibile alla semplice fosfolipidosi polmonare. La riduzionedella DLCO può inoltre non precedere la comparsa dei sintomi di tossicità polmonare da amiodarone. La TC del torace mostra diffusi ispessimenti interstiziali o, poco frequentemente, aree nodulari o consolidamenti subpleurici (BOOP). Le opacità polmonari tendono ad avere una densità aumentata per l’alto contenuto di iodio. Questo aspetto è suggestivo, ma non patognomonico di tossicità indotta da amiodarone. Le indagini invasive possono rilevare sul lavaggio bronchiolo-alveolare (BAL) linfocitosi con inversione del rapporto CD4/CD8, neutrofilia, eosinofilia fino ad un quadro di alveolite mista non diagnostica. La presenza di iperplasia dei pneumociti di tipo II e soprattutto la presenza di macrofagi “schiumosi” nel BAL e nella biopsia transbronchiale non sono anch’esse patognomoniche, perché presenti anche in soggetti in terapia con amiodarone che non svilupperanno mai tossicità polmonare, ma la loro assenza può permettere di escludere la presenza di una pneumopatia da amiodarone. Le alterazioni polmonari regrediscono sovente dopo la sospensione del farmaco senza l’ausilio dei corticosteriodi.