Asma Bronchiale

Negli ultimi anni l’asma bronchiale sta facendo registrare un notevole aumento di prevalenza e ciò per vari motivi collegati con il cosiddetto “stile di vita occidentale”. Infatti trascorriamo gran parte della giornata al chiuso di abitazioni e luoghi di lavoro in cui l’aria è frequentemente inquinata da fumo di tabacco, polvere ed allergeni vari ed inoltre, all’aperto, inaliamo aria inquinata da gas e polveri immessi in atmosfera dagli scarichi dei veicoli. L’asma bronchiale insorge in soggetti predisposti per una convergenza di elementi genetici ed ambientali. Inizia come predisposizione genetica che è in grado di indurre già nella vita intrauterina e/o nei primi mesi di vita una sensibilizzazione IgE-mediata in risposta alle prime esposizioni agli allergeni. Questi ultimi orienterebbero infatti le risposte immunologiche del feto o del neonato verso il fenotipo linfocitarioTh2, in grado di stimolare la sintesi di IgE dai linfociti B mediante la produzione di interleuchina 4 e 13. Altri tipi di stimoli precoci, come quelli batterici, condizionerebbero invece una risposta Th1 con la produzione, da parte di queste cellule, di IFN-gamma, che non è in grado di stimolare, anzi inibisce la sintesi di IgE. La molteplicità dei fattori scatenanti e la complessità degli aspetti patogenetici rende difficoltoso il tentativo di realizzare una classificazione schematica di questa malattia, che costituisce una condizione patologica dinamica, di gravità mutevole da soggetto a soggetto nonché nello stesso soggetto in momenti e condizioni diverse. Le manifestazioni cliniche dell’asma vengono definite di tipo episodico o persistente e queste ultime sono differenziate in lievi, medie e gravi. Circa gli aspetti patogenetici dell’asma un notevole progresso nelle nostre conoscenze è stato conseguito grazie agli studi citologici ed immunologici sul liquido di lavaggio broncoalveolare, sulle biopsie endobronchiali e sull’espettorato indotto. I risultati di questi studi hanno consentito di inquadrare l’asma bronchiale come una malattia in cui giocano un ruolo importante, a livello delle vie aeree, i fenomeni flogistici, indotti da meccanismi immunoallergici e non, caratterizzati dall’intervento di vari tipi cellulari e di numerosi mediatori chimici ad attività proinfiammatoria. Nell’asma persistente l’infiammazione è presente anche nel periodo intercritico, quando cioè le crisi broncoostruttive non sono clinicamente evidenti, e ciò ha confermato la necessità di protrarre la terapia farmacologica anche in queste fasi di benessere, per evitare evoluzioni verso la broncopneumopatia cronica ostruttiva e l’enfisema polmonare. Queste osservazioni sono state suffragate dal miglioramento clinico della sintomatologia asmatica che si osserva con l’uso terapeutico protratto di glucocorticoidi per via inalatoria, che agiscono notoriamente riducendo la flogosi delle vie aeree ed hanno evidenziato altresì quanto sia errato, nella terapia dell’asma, l’uso sporadico, limitato all’emergenza, dei broncodilatatori beta-2-stimolanti a breve durata d’azione. Questi ultimi sono indubbiamente utili da usare in caso di insorgenza improvvisa di asma, o per prevenire il broncospasmo da esercizio fisico, ma non possono certo costituire una terapia continuativa, dal momento che non hanno effetti antiinfiammatori e tendono ad indurre tolleranza. L’asma non insorge in assenza di iperreattività bronchiale. Questa condizione, che costituisce il substrato su cui vanno ad agire gli stimoli, sia immunoallergici che di altro tipo, ma comunque ad attività asmogena (ad esempio fumo di tabacco o gas di scarico veicolare, che hanno effetto favorente l’insorgenza di ostruzione bronchiale), può essere osservata anche indipendentemente dalla presenza di flogosi delle vie aeree ed è a sua volta espressione di una alterazione dei meccanismi omeostatici preposti al funzionamento delle varie strutture bronchiali, con conseguente squilibrio complesso che si determina a vari livelli (epiteliale, muscolare, ecc.).

Originally posted 2012-06-25 18:22:12.